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Essere lupo - Kerstin Ekman

Trascorrere una vita braccati da una convinzione o un modo di essere e di agire. La corsa che si ripete su quel giro, poi arriva un giorno e le tue convinzioni svaniscono, spezzate come un ramoscello gracile. Tanti anni trascorsi a cacciare, poi ti ritrovi davanti un lupo, il tuo castello di carte crolla inesorabilmente. Atterrito, sei atterrito dalla maestosità, i tuoi settant'anni ammutoliti da una frase che risuona: 'Ho visto un lupo'. L'ha visto Ulf, ex ispettore forestale e cacciatore. L'ha visto e si è ammutolito, nei boschi della sua Svezia in cui puntualmente ha premuto i grilletti nelle battute di caccia. Un incontro che cambia tutto.  E in quell'istante sbucò fuori. Lo fece con una naturalezza facile da capire; quel mondo in fondo era il suo. Uscì dal bosco un po' più in là rispetto alle tracce degli sci e si fermò sul bordo dell'aquitrino, fra un cespuglio di ginepro e un pino rachitico.  Un incontro profondamente sovraccarico di intimità comp...

Dolce vita, dolce morte - Giancarlo De Cataldo

Sapete della mia curiosità nei confronti dei true crime. Si, tutta bucolica e sognatrice e poi leggo cronaca nera. Si, anche questo. L'idea di racconti ispirati a reali cold case della cronaca nera italiana mi ha stuzzicata per questo motivo. Lo scrittore e magistrato Giancarlo De Cataldo ha inaugurato la nuova collana Novelle nere edita da Rizzoli, ispirandosi ad un caso della Roma della Dolce Vita, lo stesso che ha visto protagonista la modella Christa Wanninger. 'Il mistero di Via Veneto' era stato chiamato. Christa era una giovane modella tedesca di 23 anni anni, trovata barbaramente uccisa in un palazzo della centrale Via Emilia il 2 maggio del 1963.  La Roma della Dolce vita dunque. Una Roma che brilla, la corsa dei paparazzi alle celebrità, i bicchieri di whisky che danzano sui tavolini dei bar in cui i sogni cercano di stare a galla. Qui Christa è diventata Greta, arrivata a Roma correndo su un sogno, quello di voler fare l'attrice. Marcello Montecchi, giornalis...

Melanconia di classe - Cynthia Cruz

Cosa accade quando gettiamo una coperta sulle nostre origini, le nascondiamo e le affabuliamo con fare illusorio ed amalgamante? Cosa accade quando diamo un taglio netto alla corrispondenza con le stesse delineando parametri di uniformità? Si sviluppa la Melanconia di classe che dà il titolo al saggio di Cynthia Cruz, tradotto per Atlantide da Paola De Angelis. Questa è la melanconia 'che nasce quando si abbandonano le proprie origini working class'. Cynthia Cruz è una saggista, poetessa e ricercatrice tedesco-americana e in questo volume ha sviscerato questo concetto interpolandolo alla propria storia e ad altri ambiti aventi a che fare soprattutto con il panorama musicale. Il perché, lo vediamo a breve.  In questo libro esploro le vite di artisti, musicisti, scrittori e registi della working class. Tutti hanno abbandonato le proprie origini per 'diventare qualcuno'. Alcuni vi hanno fatto ritorno, altri no; alcuni hanno cercato di assimilarsi alla cultura della classe ...

Il regno di vetro - Lawrence Osborne

Non ci sono segreti a questo mondo.  Recita così il proverbio Thai che introduce Il regno di vetro, l'ultimo romanzo di Lawrence Osborne pubblicato da Adelphi e tradotto da Mariagrazia Gini.  Osborne, scrittore viaggiatore e giornalista, conosce bene Bangkok nella quale vive da diversi anni. Sono note, nei suoi romanzi, le descrizioni ricche ed altamente immersive degli ambienti in cui i protagonisti si muovono. Il regno di vetro è un romanzo pregno di queste descrizioni, fin troppo ricche e talvolta soffocanti come soffocante è il Kingdom, il residence dalle quattro torri di ventuno piani collegate da ballatoi che ospita Sarah, fuggitiva statunitense che porta con sé 200.000 dollari. Sarah fa parte dei farang, gli stranieri bianchi osservati con occhio sospettoso dagli abitanti locali. Qui vivono i rappresentanti di un sistema di gerarchie sociali che in un gioco di specchi e  identità edulcorate da finzioni travestite portano avanti esistenze in bilico. Quando si alzaro...

Passoscuro - Massimo Ammaniti

Abisso.  Lo chiama così Massimo Ammaniti quel conclave di orrori osservati nel Padiglione 8 dell'Ospedale psichiatrico Santa Maria della Pietà a Roma. Un abisso già sondato dal giovane laureato in medicina, specializzato in neuropsichiatria infantile. Nel Padiglione 8 erano infatti ricoverati bambini e adolescenti considerati irrecuperabili, abbandonati dalle famiglie e trattati con disumanità del tutto slegata da empatia. Il primo incarico era durato appena un giorno, nel 1972 Ammaniti vi fa ritorno da assistente neuropsichiatra con la speranza di ridare vita e luce a queste vite perdute.  Quello al Padiglione 8 era per me un ritorno. Avevo già lavorato lì sei anni prima e avevo rassegnato le mie dimissioni, non potendo tollerare oltre lo stato di degrado e di squallore in cui si trovavano i bambini all'interno del reparto. Ero in debito con me stesso per quell'abbandono. Non si trattava di dimostrare che questa volta ce l'avrei fatta a resistere in quel luogo spavento...

Il peso - Liz Moore

Essere impastati nel peso dell'afasia di sentimenti, parole, solitudini. Un vuoto che pesa tantissimo, quello della vita che preme e dei ricordi che bussano. Solitudini che crescono, si scontrano e si plasmano, dando vita ad un abbraccio che infondo sa di nuova fiducia verso l'avvenire, più leggera. Il peso di Liz Moore è un romanzo che non porta con sè soltanto il fardello del titolo (Heft), ne porta diversi, e il lettore li sente, sulla schiena e nel cuore. Il peso è un peso fisico, ma anche emotivo. La solitudine dei protagonisti rimbomba e collide nonostante sia colma di mancanze. Un ossimoro che pesa anche a noi. Ha ragione Andrea Donaera quando nella prefazione scrive che Il peso è un romanzo che ci costringe a uno sguardo nell'abisso.  Tra i duecentoventi e i duecentosettanta chili. Questo è il peso di Arthur Opp, ex docente di Letteratura incastonato nella casa di Brooklyn come uno di quei monili impolverati mai più spostati. Arthur non esce più di casa, diventa un ...

Corteo di ombre - Julián Ríos

Ci sono scrittori la cui narrativa si può descrivere in tanti modi, in alcuni casi un aggettivo è quello che meglio si presta a descriverla: evocativa. La scrittura di Julián Ríos, scrittore contemporaneo spagnolo considerato postmodernista che ha scritto con Octavio Paz, ne è un chiaro e vivido esempio. Il titolo, Cortejo de sombras, Corteo di ombre tradotto per Safarà da Bruno Arpaia, ci offre già un rimando per nulla elusivo a quella che è la materia trattata in questa ballata di nove racconti in terra galiziana.  La storia editoriale del libro non è stata tracciata in linea retta, ma ha subito rimandi e deragliamenti dalla prima stesura alla pubblicazione vera e propria.  Scritto fra il 1966 e il 1968 a Madrid, Corteo di ombre prendeva forma per uno scopo ben preciso di Ríos che ha scritto: 'Cercavo allora di rivivere e di ricreare senza provincialismo la mia Galizia privata, il Paese delle meraviglie dell'infanzia e dell'adolescenza, con le sue ombre, a volte nefaste, ...