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Melanconia di classe - Cynthia Cruz


Cosa accade quando gettiamo una coperta sulle nostre origini, le nascondiamo e le affabuliamo con fare illusorio ed amalgamante? Cosa accade quando diamo un taglio netto alla corrispondenza con le stesse delineando parametri di uniformità? Si sviluppa la Melanconia di classe che dà il titolo al saggio di Cynthia Cruz, tradotto per Atlantide da Paola De Angelis. Questa è la melanconia 'che nasce quando si abbandonano le proprie origini working class'. Cynthia Cruz è una saggista, poetessa e ricercatrice tedesco-americana e in questo volume ha sviscerato questo concetto interpolandolo alla propria storia e ad altri ambiti aventi a che fare soprattutto con il panorama musicale. Il perché, lo vediamo a breve. 

In questo libro esploro le vite di artisti, musicisti, scrittori e registi della working class. Tutti hanno abbandonato le proprie origini per 'diventare qualcuno'. Alcuni vi hanno fatto ritorno, altri no; alcuni hanno cercato di assimilarsi alla cultura della classe media, altri hanno resistito rifiutando quella forma di annientamento. Le contraddizioni abbondano. Ciò si deve, in parte, al fatto che il soggetto proletario che vive in una società neoliberista è soverchiato dai valori e dall'estetica della classe dominante. 

Cruz già nell'introduzione ci racconta un aneddoto inerente ad un incontro con una sua ex docente con la quale ha avuto uno scambio mirato all'argomentazione del libro. Motivo delle perplessità da parte della docente, il fatto che la ricercatrice non vestisse propriamente come una rappresentante di tale estrazione sociale. Tropi che hanno a che fare con una erosione che procede lenta, l'erosione del concetto di working class. L'autrice ci rammenta che Freud avrebbe potuto spiegare questo desiderio di svincolarsi dall'appartenenza a tale classe attraverso il concetto di repressione di tutto ciò che la nostra psiche non è in grado di gestire. 'Trailer trash' e 'white trash', erano così chiamati i componenti della cerchia sociale della stessa autrice. Significato? Qualcosa come 'pezzente', 'feccia bianca'. Queste etichette, a lungo andare, hanno fatto sì che Cruz si sentisse una disadattata. 

Mi sentivo emarginata ed estranea rispetto a quello che percepivo come il mio 'mondo' e ovviamente proprio per questo desideravo appartenervi. Ciò ha fatti nascere dentro di me un meccanismo complesso: era al contempo un'aspirazione - credevo che se mi fossi sforzata abbastanza, se fossi stata sufficientemente in gamba, carina e gentile, mi sarei guadagnata l'ingresso nel 'mondo' - e un sentimento di orrore viscerale verso ciò che percepivo come conformismo. 

Accade questo, in fin dei conti. Per non subire offese, per non avere etichettature si cerca uno sradicamento che vuole avere il sapore di una rivendicazione. Cruz ha vissuto ciò che viene descritto in queste pagine, collegato a personalità come quelle di James Baldwin che a ventiquattro anni ha lasciato gli Stati Uniti per un sentore di pericolo, per aver assistito alla morte di suoi amici. Nel terzo capitolo del saggio Cruz parte con una disamina sulla vergogna di avere determinate origini, sull'arrivo a New York che nel frattempo aveva fagocitato la voglia di essere sé stessa, causando alienazione e depressione. Nella melanconia l'oggetto perduto è al contempo oggetto odiato e amato; il concetto diventa: 'io non so più chi sono ma so che non appartengo comunque alla classe media'. La melanconia nasce da questa consapevolezza che stride con quello che è il principio inculcato dal neoliberismo secondo cui tutti siamo nati con gli stessi privilegi e vantaggi e coloro i quali non riescono ad ottenere successo devono ciò alla propria inettitudine.

Ho scritto prima della interpolazione della propria esperienza a stralci di cultura musicale, cinematografica, letteraria. Proprio in ambito musicale e letterario rinveniamo i più alti esempi di quella 'pulsione di morte' e del 'corpo libidico della working class'. 'Per diventare "qualcuno" bisogna assimilarsi, ma assimilarsi significa uccidere una parte di ciò che siamo. Ian Curtis ha fatto parte della working class e nei Joy Division il libidico è interiorizzato, una 'forza incontenibile'. Il corpo di Curtis, scrive Cruz, diventa il contenitore di quel dolore, quella melanconia. Nei Jam la rabbia di classe diventa una rabbia dentro la musica, che procede in modo ponderato fino ad esplodere lentamente; la musica diventa il corpo, senza nascondere le inflessioni della classe di appartenenza, infatti Paul Weller non cantava con falso accento americano. Amy Winehouse aveva origini in una famiglia ebrea appartenente alla working class. L'energia libidica che pulsa e travolge alla fine finisce per sopraffare Curtis e Winehouse. La melanconia fa sì che l'oggetto perduto (le origini proletarie e la casa) sia traslato su un feticcio su cui il soggetto che l'ha perduto trasferisce tutta la sua menomazione in qualcosa di esterno, come lo è la scrittura nel caso di Clarice Lispector, una scrittura esente da categorizzazioni. Ne 'L'ora della stella' la scrittrice scrive: 'Non sono un intellettuale, scrivo con il mio corpo'. 

Gambizzare la working class, però, non la disfa del tutto. Essa esiste, esiste ancora alla stregua di una presenza spettrale che si muove fra i mondi.

Cynthia Cruz ha scritto un saggio acuminato, filosofico, politico e soprattutto appassionato. 

Ringrazio la casa editrice per la copia e la fiducia. 

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