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Il periodo del silenzio - Francesca Manfredi

  Silenzio.  Un sostantivo che ci riconduce immediatamente ad una sensazione di vuoto. Il non detto, la non parola, il non vissuto...forse. Perché oggi siamo oberati di parole, di presenze ingombranti che ci fanno credere che quel che più vale è questa, la parola espressa ad ogni costo. Eppure il silenzio può farsi così ingombrante fino ad implodere e riversare tutti i suoi significati nel marasma del detto ad ogni costo. Un plettro che muove anche le corde più tese.  Francesca Manfredi ritorna con un'opera pubblicata da La nave di Teseo dopo aver vinto il premio Campiello Opera Prima con la raccolta di racconti 'Un buon posto dove stare' e dopo la pubblicazione del romanzo 'L'impero della polvere'.  'Il periodo del silenzio' è un romanzo che ho piluccato, riletto in alcuni punti. Mi ci sono soffermata e per diversi istanti mi sono sentita come Cristina, la protagonista che ad un certo punto della sua vita decide di incasellare la stessa nel silenzio una
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Epigenetica - Cristina Battocletti

La narrativa italiana vive, si dimena e ci mostra che non vanno avanti soltanto romanzi dozzinali spacciati per casi editoriali eclatanti. È questo il caso di Epigenetica, che confermo essere senza ombra di dubbio uno dei migliori romanzi italiani usciti nel 2023. È uscito per la nave di Teseo nella collana Oceani ed è opera di Cristina Battocletti, giornalista e critica cinematografica. Grado, marzo 1979 Se mio padre avesse rivolto il suo fucile da caccia contro di noi sarebbe stato meglio. Papà non sapeva che uccidendoci avrebbe arginato l'infelicità dell'infelicità: quella della mamma, dei miei fratelli e di tutti coloro che sarebbero discesi dal nostro ceppo infestato.  Parte così, questo libro. Un boato inchiostrato. Un ceppo infestato, una famiglia diroccata, l'estrema unzione del dolore perpetuato da una miccia malata. È stato questo la famiglia di Maria, oggi scrittrice ancora logorata che tenta di restare a galla nuovamente. Una voce narrante scheggiata che fa la s

Come ho vinto il Nobel - Julius Taranto

C'è una nuova voce nel panorama letterario americano; una voce che ha contezza di ciò che vuole raccontare e che sa raccontarlo con acume privo di retorica e senza risultare troppo scontata, la voce di Julius Taranto. Atlantide l'ha portata in Italia pubblicando 'Come ho vinto il Nobel' nella splendida traduzione di Ilaria Oddenino, regalandoci un romanzo al tritolo pregno di citazioni, humour e riflessioni pungenti. Scrivo di contezza perché la materia narrativa affrontata da Taranto non è la solita alla quale siamo abituati, e dovendo affrontare tematiche attuali ed impattanti, sarebbe stato labile il confine con i cliché.  La mia materia di studio era il modello teorico Zhou-Einstadt-Smoot. Dopo l'università avevo declinato lucrose offerte da parte di Google e J.P. Morgan a favore di un faticoso dottorato sotto la supervisione di Smoot in persona. Newton e Leibniz avevano simultaneamente inventato il calcolo infinitesimale...Le previsioni della loro teoria erano

Lapvona - Ottessa Moshfegh

Che Ottessa Moshfegh fosse una scrittrice che è solita rappresentare un'umanità degradata e disturbata, spesso annichilita da un vuoto esistenziale e che non cerca redenzione, lo avevo compreso leggendo 'Il mio anno di riposo e oblio'. Un titolo ancora ridondante e che ha avuto un'ampia cassa di risonanza, in positivo e in negativo. Io stessa ho provato un tedio non indifferente leggendolo, ma Lapvona è stata una lettura più disturbante e cruenta senza ombra di dubbio, e la cifra stilistica della scrittrice americana si è confermata la medesima. Se vi dicessi che ho trovato questo libro bello vi mentirei, perché si tratta di un titolo cruento e delirante. Eppure l'ho letto in poco tempo con curiosità e letteralmente non sono riuscita a distaccarmene dopo un inizio più soporifero.  Moshfegh ha deciso di ambientare il romanzo nel villaggio medievale di Lapvona come da titolo, non servendosi però di coordinate spazio-temporali precise. Ciò che conta, nella sua narrativ

Grande nave che affonda - Andrea Cappuccini

Ritrovarsi imbrigliati in un'esistenza sfumata e colta da incertezze, pendenti tra un passato che ancora incombe e un futuro grigiastro come l'atmosfera che avvolge Torricella, la periferia nella quale si muovono i protagonisti dell'esordio di Andrea Cappuccini edito da Atlantide.  A ritrovarsi sospesi famigliari e amici del giovane Taddeo Romano che viene incarcerato a Rebibbia; evento che dissemina ulteriore abulia in queste vite abbarbicate all'indolenza. Torricella è si, un nome fittizio utilizzato dal giovane autore per indicare il quartiere romano, ma la vita di borgata reale emerge con nitidezza man mano che ci addentriamo nelle storie del romanzo. Intrecci di storie dunque, perché 'Grande nave che affonda' è una narrazione che tocca da vicino un carosello di personaggi che in comune hanno questo: il microcosmo di Torricella e il senso forse perenne di un'aspettativa sul futuro inabissata. Questo senso di irresolutezza viene esacerbato nel momento in

Il corpo ricorda - Lacy M. Johnson

Si dice che il tempo man mano che passa fagocita tutto. Nelle intercapedini fra i giorni e poi gli anni dapprima riempite di borbottii crudeli, si dovrebbe creare un nuovo varco attraverso il quale il dolore dovrebbe scorrere via dopo aver derubato di ogni gaudio corpo e mente. Il corpo però ricorda, come ci ammonisce il titolo del memoir di Lacy M. Johnson pubblicato da NNEditore nella collana Le fuggitive' e tradotto da Isabella Zani. Il corpo resta impregnato di un vissuto scivolato via ma che lo ha macchiato in maniera indelebile.  Questo corpo ricorda ancora la sopraffazione e la violenza di chi proferiva, almeno in apparenza, amore e protezione. Un corpo sfuggito alla morte ma non alla prevaricazione. Un corpo segregato in un seminterrato, lo stesso corpo dell'autrice che nel 2000 è riuscita a scappare dall'aguzzino ex compagno.  Questa è la versione breve: Il 5 luglio del 2000 sono stata tenuta prigioniera per cinque ore in una stanza insonorizzata di un appartament

Come d'aria - Ada d'Adamo

Libri che si mostrano colmi di luce dai primi istanti in cui cominci a leggerli. Una luce non accecante e non adagiata sulla retorica ad ogni costo, perchè scritti con verità vivida e non scontornati da inchiostro abbagliante. Ecco, libri del genere come quello che ci ha donato Ada d'Adamo pubblicato da Elliot non avrebbero mai necessitato di ulteriori fronzoli perché è già tutto qui, in queste pagine che accarezzano il dolore e la consapevolezza di due vite legate e slegate nella malattia di Ada e Daria, madre e figlia. Ad unirle un intreccio fatto di amore e disperazione che travalica pregiudizi pesanti e contundenti. Perché Daria non è nata sana, ha una spada di Damocle sulla testa che si chiama 'oloprosencefalia', una malformazione cerebrale. Questo è un memoriale che Ada d'Adamo rivolge a sua figlia.  C'è una lettera che l'autrice e danzatrice ha indirizzato a Corrado Augias sul quotidiano 'La Repubblica'. La lettera, pubblicata nel 2008, riportava