C'è una nuova voce nel panorama letterario americano; una voce che ha contezza di ciò che vuole raccontare e che sa raccontarlo con acume privo di retorica e senza risultare troppo scontata, la voce di Julius Taranto. Atlantide l'ha portata in Italia pubblicando 'Come ho vinto il Nobel' nella splendida traduzione di Ilaria Oddenino, regalandoci un romanzo al tritolo pregno di citazioni, humour e riflessioni pungenti. Scrivo di contezza perché la materia narrativa affrontata da Taranto non è la solita alla quale siamo abituati, e dovendo affrontare tematiche attuali ed impattanti, sarebbe stato labile il confine con i cliché. La mia materia di studio era il modello teorico Zhou-Einstadt-Smoot. Dopo l'università avevo declinato lucrose offerte da parte di Google e J.P. Morgan a favore di un faticoso dottorato sotto la supervisione di Smoot in persona. Newton e Leibniz avevano simultaneamente inventato il calcolo infinitesimale...Le previsioni della loro teoria erano
Che Ottessa Moshfegh fosse una scrittrice che è solita rappresentare un'umanità degradata e disturbata, spesso annichilita da un vuoto esistenziale e che non cerca redenzione, lo avevo compreso leggendo 'Il mio anno di riposo e oblio'. Un titolo ancora ridondante e che ha avuto un'ampia cassa di risonanza, in positivo e in negativo. Io stessa ho provato un tedio non indifferente leggendolo, ma Lapvona è stata una lettura più disturbante e cruenta senza ombra di dubbio, e la cifra stilistica della scrittrice americana si è confermata la medesima. Se vi dicessi che ho trovato questo libro bello vi mentirei, perché si tratta di un titolo cruento e delirante. Eppure l'ho letto in poco tempo con curiosità e letteralmente non sono riuscita a distaccarmene dopo un inizio più soporifero. Moshfegh ha deciso di ambientare il romanzo nel villaggio medievale di Lapvona come da titolo, non servendosi però di coordinate spazio-temporali precise. Ciò che conta, nella sua narrativ