Diversi bambini sono rannicchiati a terra.
Si fissano, le loro mani sulle catene delle altalene su cui poco tempo prima si stavano dondolando. Uno di loro, in particolare, osserva attentamente il cielo. Un'onda mastodontica sembra incombere su di loro. I bambini, dapprima come cristallizzati, si sparpagliano 'come lepri davanti a un cacciatore'.
Si tratta della scena iniziale de 'Il signore delle acque' scritto da Giuseppe Zucco e pubblicato da Nutrimenti nella collana Greenwich Extra curata da Mattia Insolia, Paolo di Paolo, Giulia Caminito e Loredana Lipperini.
Giuseppe Zucco si è confermato un ottimo narratore dopo le raccolte di racconti Tutti bambini (Egg, 2016) e I poteri forti (NNE, 2021) e ci ha donato un romanzo che lascia fluire prospettive di umanità e disumanità nell'attesa di una catastrofe attraverso gli occhi integri di un bambino la cui voce narrante si fa - a sua volta - voce di possibilità e sfaccettature di cui l'essere umano può farsi partoriente, soprattutto in situazioni di possibilità di una fine.
Perché poi, respirando forte, e strofinandosi la mano sulla fronte stempiata, mio padre disse che se quell'acqua immane fosse crollata dal cielo, l'acqua ci avrebbe spezzati, l'acqua ci avrebbe divisi, e allora toccava a noi restare qui, chiusi in casa, l'uno accanto all'altro, così che, se mai fosse venuta la fine del mondo, la fine del mondo si sarebbe verificata alle nostre condizioni...
Cosa accade quando sta per accadere la fine del mondo?
Il cielo d'acqua mormora e si avvicina sempre più creando quasi un limbo ed una apparente paralisi di una umanità in attesa. Apparente perché nella casa del piccolo narratore che introduce alla catastrofe che sta giungendo sembra innestarsi un equilibrio che a sua volta vorrebbe paralizzare ciò che sta giungendo. Due genitori che vogliono far palleggiare il presagio di morte con altra vita, quella di un fratellino per il narratore. Azioni scandagliate da una atarassia apparente in una atmosfera di quieta tranquillità.
Eppure, era come se la mia mente non volesse dirlo apertamente, come se lo nascondesse o parlasse per arcani, io che pensavo di non avere paura di nulla e che nei sogni mi dimostravo così pauroso da non chiamare le cose con il loro nome. Saremmo stati schiacciati da quell'immenso blocco d'acqua, e allora? Perchè non ammetterlo e trovare godimento almeno da questa presa di coscienza?
La presa di coscienza in questo caso diventerà una fuga per il bambino che rappresenterà, però, l'incontro verso altra consapevolezza. La realtà narrata dalle parole dell'autore è una realtà che lascia spazio alle aperture, alle evenienze di altra vita dinanzi alle frammentazioni che avanzano, come il tetto d'acqua del cielo, facendo emergere altri cumuli di desideri e sensazioni ancestrali. Fischi, urla, incendi, istinti carnali, galeoni di pirati e altri frammenti di realtà che, intrecciati alla voce fanciullesca ci mostrano quanto ancora sia possibile costruire nella decostruzione.
Perché lo vedevo da me, e ora lo capivo bene. Tutto in fondo era geometria. E non c'era modo di sfuggire alle figure geometriche che tutti noi formavamo toccandoci e vivendo insieme, figure che divenivano in una volta sola recinto e orizzonte.
Una voce limpida, quella di Giuseppe Zucco, che scorre come l'acqua di cui è intriso il romanzo. Una voce con cui ho avuto possibilità di dialogare, restando incantata. L'autore, citando La Storia di Elsa Morante e la figura di Useppe e Manganelli, riportando in esergo Melville e Coleridge ha, ancora una volta, dato voce ai mondi generati dalla purezza dell'infanzia e dal concatenamero generato dalle possibilità della fantasia.
Ringrazio Nutrimenti e Giuseppe Zucco.
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