Ho una nuova scrittrice preferita, Dana Spiotta, e Ribelle rientra senza ombra di dubbio fra le migliori letture di questi ultimi mesi. Un titolo che tocca punti fastidiosi, quelli che fanno più male e che forse noi stessi non vorremmo mai affrontare. La nave di Teseo ha già pubblicato 'Innocenti e gli altri' (2017) e l'autrice americana è apprezzata da autori come Don DeLillo e Bret Easton Ellis. Dopo aver letto Ribelle (traduzione di Carlo Prosperi) comprendo il motivo.
Immaginate una donna di mezza età che vive una vita borghese in America. Sposata, una figlia e una vita che scorre senza troppi intoppi. Fin troppo placida, forse. Un giorno la donna punta un annuncio immobiliare, oggetto ne è un vecchio cottage in un quartiere non così roseo di Syracuse.
Una possibile chiave per comprendere quello che le era successo (quello che lei stessa aveva fatto succedere, che aveva voluto a tutti i costi): partiva tutto dalla casa. La casa in quanto tale ma anche il luogo dove era situata e dove lei scoprì di voler stare. Un fatiscente cottage Arts and Crafts disabitato, in uno scaduto, squallido quartiere del centro urbano di Syracuse.
Cosa può spingere una donna che in apparenza ha tutto a fare ciò? Già, perché Spiotta gioca proprio su questo, sulla questione apparenza e pressappochismo. Perchè Samantha Raymond è bianca, non le mancano agiatezze e apparentemente nulla. Sam però decide di farlo, si trasferisce in questo nuovo microcosmo disordinato e fatto di ninnoli. Questa donna, e lo scopriamo subito, è nel mondo ma con un'interiorità sgangherata, come il cottage nel quale si rifugia. 'A Sam piaceva immaginarsi velatamente diversa dagli altri in ogni circostanza, appagata dal brivido seducente di essere una persona qualunque in superficie ma con una vita interiore radicale e fuori dagli schemi'.
A Syracuse (a proposito, sapete che avrebbe ispirato la città di smeraldo de Il mago di Oz? L'autrice arricchisce anche il romanzo, nella parte finale, con un opuscolo enciclopedico sulla città) imperversano associazioni di diversa natura ed eventi, tra cui il DNDine (Acronimo di Le Donne Non Demordono). Su Facebook orde di gruppi 'esclusivi' sulla - finta - accettazione di sé esplodono. Così come le Faretriane, a favore delle famiglie numerose e antifemministe, e poi l'elezione di Trump, il biohacking, e tanto altro. La penna di Spiotta è mordace e si fa spioncino sulle contraddizioni di una società fintamente perbene partendo dalla storia di una donna in crisi, quasi un mostro talvolta.
Poi il disgusto per la propria mostruosità, adesso spropositata e resa astratta: la sua mancanza di compassione, il suo bisogno di sicurezza. Perchè mai doveva avere garantita la sicurezza? Che cosa aveva fatto per meritarsela? Ma tutti dovrebbero essere al sicuro - il desiderio di sicurezza è semplicemente umano, forse era troppo severa con se stessa.
Sam è anche membro della Loomis House, la casa museo dedicata a Clara Loomis, figura sulla quale divagherà parecchio e che vi farà fare un'amara risata fra i deliri sulla Lega per il popolamento programmato e le sedute spiritiche. Ed è qui che Spiotta agisce nuovamente. La penna dell'autrice punzecchia su certi deliri odierni che vogliono farsi passare per libertà di pensiero e fra passaggi tragicomici ne inserisce altri che tangono in toto. Rapporti tra madre e figlia altalenanti e soffocati da quella voglia di essere forse perfette, di proteggere a ogni costo una figlia, Ally, in preda ad un mondo pazzo. Assolutamente pazzo e pieno di sé, condito di suprematismi e credenze sbagliate. Ma tutta questa voglia di non sbagliare poi, non sarà sintomo di un qualcosa che continua ad avvelenare l'esistenza? Forse la vera ribellione talvolta è restare sé stesse.
Brillante e assolutamente consigliata.
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