Passa ai contenuti principali

Grande nave che affonda - Andrea Cappuccini


Ritrovarsi imbrigliati in un'esistenza sfumata e colta da incertezze, pendenti tra un passato che ancora incombe e un futuro grigiastro come l'atmosfera che avvolge Torricella, la periferia nella quale si muovono i protagonisti dell'esordio di Andrea Cappuccini edito da Atlantide. 

A ritrovarsi sospesi famigliari e amici del giovane Taddeo Romano che viene incarcerato a Rebibbia; evento che dissemina ulteriore abulia in queste vite abbarbicate all'indolenza. Torricella è si, un nome fittizio utilizzato dal giovane autore per indicare il quartiere romano, ma la vita di borgata reale emerge con nitidezza man mano che ci addentriamo nelle storie del romanzo. Intrecci di storie dunque, perché 'Grande nave che affonda' è una narrazione che tocca da vicino un carosello di personaggi che in comune hanno questo: il microcosmo di Torricella e il senso forse perenne di un'aspettativa sul futuro inabissata. Questo senso di irresolutezza viene esacerbato nel momento in cui Taddeo viene arrestato. A casa Romano però entra Diego, un amico di Taddeo che dovrebbe farsi riempitivo della lacuna impressa da Taddeo. 

Diego sentì che era ingiusto che le cose alla fine si perdessero così, naufragassero, tra la gente che spariva o ci restava sotto e ci si perdeva senza una ragione. Si faceva tutto quel casino per rincorrere dei sogni e rincorrendoli ci si perdeva. E la faccenda di Taddeo doveva in qualche modo essere legata a tutto questo...

Rincorrere i sogni. Si può ancora farlo mentre il tuo quartiere viene fagocitato dalla grande Roma e tu cerchi di non affondare? Torricella, con i suoi palazzoni diroccati, gli autobus che percorrono le strade trascinandosi come 'animali stanchi', gli unici bar che ancora sussurrano come il Giaguaro, pizzerie al taglio a conduzione strettamente famigliare, è una realtà che ci ricorda in toto le situazioni dei quartieri - romani e non - di periferia in cui i vuoti si ammonticchiano perpetuando il senso di incertezza. 

Così nessuno ricordava da dove era venuta fuori Torricella. Torricella era Roma ormai, e chi ci viveva era romano, pure se da neanche una generazione. Roma è così. Negli anni la città si era fatta avanti e erano spuntati come funghi una quantità di centri abitati lì intorno. I campi erano quasi del tutto spariti, così come le bestie. 

Sembrano quasi impantanate nell'afa e nei sogni dispersi queste vite di periferia. La vita di Settimo, nonno di Taddeo, dei genitori Viviana e Camillo, di Aurora, la sorella che ad un certo punto comprende di non lasciarsi affondare. E c'è Diego, uno dei cardini di questo romanzo che barcolla tra slanci disperati e vuoti che si fanno ruggenti. Perché Torricella tutta con i suoi abitanti è la grande nave che affonda mentre tutti arrancano e cercano, in un modo o nell'altro, di sviare da quella stasi. Ognuno con i propri singulti e le proprie fisse, malattie figurate di fulmini e nostalgia che si aggrappano alla disillusione.

Spasmi di ribellione confusi e sparsi, incazzature mute, e un logorante senso di inquietudine, per tutta Torricella era più o meno lo stesso. Ma un posto come Torricella è sempre animato da questi spasmi, dalla voglia di avere una rivalsa, di raggiungere un successo, da una strana speranza zoppa, tanto zoppa quanto più chiassosa, irrisolta. 

Grande nave che affonda è un'opera prima che opera prima non sembra affatto. Andrea Cappuccini ha plasmato storie e raccontato una realtà con una grande capacità narrativa scevra da termini arzigogolati e caratterizzando queste vite traballanti e il contesto della periferia romana con un registro linguistico volto a rendere la lingua parlata e pensata su pagina in modo fluido e privo di ostracismi. Un 'romano morbido', così afferma l'autore. Leggendolo ho avuto l'impressione di trovarmi dinanzi ad alcune opere veriste e realiste del Novecento italiano. Cappuccini inoltre da ottimo narratore ha inserito nella narrazione riferimenti a problematiche esistenti quali il sovraffollamento delle carceri e l'utilizzo di sostanze, riferimenti a capisaldi della cultura cinematografica (ricordate una certa Laura Palmer di Twin Peaks per caso?) e coloriture di realismo magico. 

Devo scriverlo di nuovo, Atlantide non sbaglia un colpo. Ringrazio l'Ufficio stampa per la concessione della copia.



Commenti

Post popolari in questo blog

Cosa faresti se - Gabriele Romagnoli

Sono sempre stata affascinata dai meccanismi del tipo 'sliding doors' (chi ha guardato il film con Gwyneth Paltrow mi comprenderà ed afferrerà)...motivo per cui il titolo di Gabriele Romagnoli ha captato la mia attenzione, stuzzicato la mia curiosità, ammorbato la mia voglia di leggere storie del genere che no, non sono state colmate in toto, e vi spiego perché.  TRAMA   Cosa faresti se, nel tempo breve di una giornata o di un attimo, dovessi scegliere fra due alternative, ognuna critica, ognuna destinata a ridefinire l'idea di te stesso, a cambiare il destino tuo e altrui? Una scelta irresolubile eppure necessaria, come quella che si trovano costretti a prendere Laura e Raffaele, una coppia che desidera adottare un figlio e si ritrova a decidere in poche ore - una lunga, interminabile notte - se diventare genitori di una bambina gravemente malata. O come capita a Adriano, che un mattino si sveglia e scopre da un video sul cellulare che il figlio ha preso in prestito la sua

Abbandono - Elisabeth Åsbrink

Quello che Elisabeth  Åsbrink  ha scrit to rientra fra i romanzi familiari che per me rasentano la perfezione. Ciò perchè la scrittrice e giornalista svedese ci ha regalato un libro in cui le vicende familiari dei protagonisti sono incastonate alle vicende della Storia in un equilibrio mai precario, un intreccio esemplare frutto di due anni di ricerche appassionate e collaborazioni con studiosi e ricercatori. La scrittrice è diventata nota per la grande capacità di fondere penna narrativa e penna documentaristica con minuzia, e in 'Abbandono', tradotto dallo svedese per Iperborea da Alessandra Scali, questa capacità è emersa con fermezza. Substrato fondamentale del romanzo, la stessa storia della scrittrice, nata a Stoccolma da padre ebreo superstite della Shoah e madre inglese. Le sue vicende famigliari sono state toccate da ciò che leggiamo in Abbandono.  Per capire la mia solitudine avevo bisogno di capire quella quella di mia madre. E per capire lei dovevo prima capire mia

Come ho vinto il Nobel - Julius Taranto

C'è una nuova voce nel panorama letterario americano; una voce che ha contezza di ciò che vuole raccontare e che sa raccontarlo con acume privo di retorica e senza risultare troppo scontata, la voce di Julius Taranto. Atlantide l'ha portata in Italia pubblicando 'Come ho vinto il Nobel' nella splendida traduzione di Ilaria Oddenino, regalandoci un romanzo al tritolo pregno di citazioni, humour e riflessioni pungenti. Scrivo di contezza perché la materia narrativa affrontata da Taranto non è la solita alla quale siamo abituati, e dovendo affrontare tematiche attuali ed impattanti, sarebbe stato labile il confine con i cliché.  La mia materia di studio era il modello teorico Zhou-Einstadt-Smoot. Dopo l'università avevo declinato lucrose offerte da parte di Google e J.P. Morgan a favore di un faticoso dottorato sotto la supervisione di Smoot in persona. Newton e Leibniz avevano simultaneamente inventato il calcolo infinitesimale...Le previsioni della loro teoria erano