Si dice che il tempo man mano che passa fagocita tutto. Nelle intercapedini fra i giorni e poi gli anni dapprima riempite di borbottii crudeli, si dovrebbe creare un nuovo varco attraverso il quale il dolore dovrebbe scorrere via dopo aver derubato di ogni gaudio corpo e mente. Il corpo però ricorda, come ci ammonisce il titolo del memoir di Lacy M. Johnson pubblicato da NNEditore nella collana Le fuggitive' e tradotto da Isabella Zani. Il corpo resta impregnato di un vissuto scivolato via ma che lo ha macchiato in maniera indelebile.
Questo corpo ricorda ancora la sopraffazione e la violenza di chi proferiva, almeno in apparenza, amore e protezione. Un corpo sfuggito alla morte ma non alla prevaricazione. Un corpo segregato in un seminterrato, lo stesso corpo dell'autrice che nel 2000 è riuscita a scappare dall'aguzzino ex compagno.
Questa è la versione breve: Il 5 luglio del 2000 sono stata tenuta prigioniera per cinque ore in una stanza insonorizzata di un appartamento seminterrato preso in affitto al solo scopo di stuprarmi e uccidermi.
Parole ruvide e glaciali da parte di una sopravvissuta che non vuole perdersi in patetismi ma ritracciare le linee del proprio vissuto sulla mappa della memoria che, sebbene non si veda, sul corpo è ancora disegnata. Odori, sensazioni, sapori, bagliori e grigiori. Il corpo lo sa. Nessun patetismo perché Johnson, in uno slalom tra sprazzi di ricordi raccontati a mente lucida e frammenti del presente, ci fa percepire e vivere un memoriale che lascia la bocca amara attraverso una penna 'ghiacciata' che non lascia traspirare a lungo E così l'aguzzino diventa il Docente di Spagnolo, L'Uomo Con Cui Vivo, L'Uomo Con Cui Vivevo, l'Indiziato. La sorella maggiore diventa 'La Mia sorella Maggiore', amiche e amici diventano quelle presenze denominate in maiuscolo, come se ciò catalizzasse il processo di riesumazione di sentori tenui o infelici. Non conosciamo i nomi, conosciamo però la scia che queste presenze hanno impresso nella memoria corporea.
E' strano, penso ora, il modo in cui se pure la mente dimentica, il corpo ricorda. Il modo in cui il corpo ricorda slegato dalla mente: il modo di stare-accanto o giacere-sotto o sedere-sopra o rialzarsi-da. Il corpo ricorda le preposizioni: la propria posizione in rapporto ad altri corpi. Le spalle sollevate, la voce abbassata. Il modo in cui ogni muscolo, lingua compresa, può irrigidirsi. O rabbrividire. Il modo in cui dopo che l'altro è scomparso, il corpo prosegue: accanto, sotto, sopra, da. L'ombra, il fantasma, la traccia.
Ogni traccia è una folata gelida, un coltello che sfiora e fa sanguinare, ma che alla fine non ha ucciso. Non morire in casi del genere è sempre un po' come morire, eppure Johnson nonostante sull'ultimo verbale della polizia datato 14 agosto 2000 sia stata identificata come VITTIMA e sappia di esserlo, vuole ricostruire i frammenti con lucidità chirurgica.
Certe volte m'immagino di aprirmi con un taglio e guardarmi dentro, di frugare in cerca della massa più fredda, rigida, pulsante, e farne un boccone solo. Voglio prenderla come una pillola e farmela dissolvere dentro.
I fascicoli dei rapporti polizia, le pillole bianche e blu prescritte dalla psichiatra, i rapporti occasionali, la carriera, quelle ore di fuoco nel seminterrato, tutti frammenti che spronano ad andare avanti, ce lo scrive alla fine. Nel corpo ancora coesistono possibilità. Come l'autrice ha citato nel secondo capitolo l'esperimento di Shröedinger, contemporaneamente si può essere vivi tenendo con sé quei pezzetti di non-vita, vittime o esseri umani consapevoli, frammentati o ricostituiti.
Un libro inizialmente difficile da digerire per me, per la tematica trattata e per il modo in cui è stato scritto. Inevitabile però. In copertina uno scatto meraviglioso a cura di Emmanuel Gimeno.
Ringrazio la casa editrice NNEDITORE per la copia.
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