Bellezza. Quanto ci è costata e continua ancora a costarci? In termini emotivi dico, quali cavilli ci porta e continua a portarci dalla notte dei tempi? La fumettista svedese Liv Strömquist è conosciuta per i suoi fumetti irriverenti, Fandango ne ha già pubblicati quattro, fra cui 'I'm every woman' e 'La rosa più rossa si schiude'. La casa editrice ha recentemente pubblicato 'Dentro la sala degli specchi' nella traduzione di Samanta K. Milton Knowles. Non solo fumettista, ma dj radiofonica e femminista che non le manda a dire, nelle sue opere che trasudano ironia tagliente e capacità di giudizio in diversi ambiti, fra cui sociologia, storia e filosofia. Dentro La sala degli specchi ,infatti, è un saggio esplosivo nel quale la Strömquist ha intersecato riferimenti storiografici, biblici, sunti filosofici e di altre personalità del mondo dello spettacolo e delle arti, da René Girard a Zygmun Bauman a George Eliot, riflessioni personali, riferimenti a fenomeni ad ampia cassa di risonanza nel mondo social odierno per parlarci di questo; un excursus sul concetto della bellezza ieri e oggi. E l'ha fatto in modo tagliente, illuminante, canzonatorio.
Ho parlato di cavilli. Perché la bellezza, soprattutto in determinati ambiti, sembra diventare un congegno dal peso inquantificabile, che turba incessantemente il nostro modo di interloquire con gli/le altrə, quasi un'etichetta, un'imposizione, un vero e proprio dovere. Liv Strömquist parte da un interrogativo che tange anche la sottoscritta: 'Da dove nasce questa ossessione?' Ossessione che vincola una continua idealizzazione di questa bellezza agognata e inculcata a tutti i costi.
C'erano una volta cinque sorelle. Erano le sorelle più belle del mondo. E, proprio come in tutte le fiabe che si rispettino, la più giovane era la più bella di tutte. Si chiamava Kylie.
Kylie Jenner, una delle donne più in vista nel panorama contemporaneo, più in vista e più...emulata.
In un podcast ho sentito una ragazza dire: "In realtà non sono affatto interessata a Kylie, ma non riesco comunque a smettere di fissarla per ore e ore, come se fossi ipnotizzata"
Ci capita spesso di essere pervase da quella sensazione di malinconia come quella rappresentata nel dipinto 'Ragazza allo specchio' di Norman Rockwell, la stessa che ci porta a chiederci perché non siamo così 'perfette' come i modelli imperanti nei mass media; non abbiamo le loro stesse labbra, la pelle di seta, il vitino stretto, e questi che desideriamo non sono desideri derivanti da ammirazione. Perché quando osserviamo tali personaggi non proviamo profonda ammirazione come accade quando osserviamo un tramonto radioso, per esempio? Scrive la Strömquist. Ed ecco che arriva il filosofo René Girard con la sua Teoria del desiderio mimetico. L'essere umano fondamentalmente è spinto a desiderare ciò che desiderano gli altri, un desiderio contagioso che prima o poi si mescola con la volontà di essere sé stessi emulando però sempre gli altri.
L'essenziale è sempre l'Altro, un altro che può essere chiunque, l'incarnazione di una totalità sfuggente, presente ovunque e in nessun luogo, che si ostina a voler sedurre. È l'Altro come ostacolo insormontabile.
Il concetto di bellezza funzionale alle proprie scelte e ai propri tornaconti ha radici lontane. Nell'Impero bizantino i sovrani sceglievano le future mogli attraverso sfilate che ricordano i nostri concorsi di bellezza. Zygmunt Bauman poi, ci ricorda il concetto dell'Attributo definitorio della vita liquido-moderna. Quando subentra il rifiuto da parte di un'altra persona, la rifiutata viene ancorata ad una incertezza derivante dal rifiuto come conseguenza, secondo la persona rifiutata, di un povero grado di bellezza. Ed è qui che entra in gioco anche il concetto della sessualità alla stregua di oggetto del consumo. Diventi più bella/o, sexy, accettata/o se ti curi, e per curarti devi usufruire di quanto proposto dalla società consumistica.
LA BELLEZZA COME PRIGIONE
Ma la bellezza può diventare una prigione, un'ossessione abbacinante. Marilyn Monroe nel 1962 è stata protagonista di una delle sessioni fotografiche più 'iconiche' del globo, nella quale è stata fotografata per tre giorni al Bel Air Hotel di Los Angeles da Bert Stern. Marilyn disegnò una croce sui negativi delle fotografie che non avrebbe voluto fossero sviluppati. Quelle foto oggi sono state rese visibili ovunque.
Fotografie! Fotografie, fotografie, fotografie. Quelle tracce spettrali, come le chiama Susan Sontag. Un effetto di questa esplosiva produzione di fotografie ha anche fatto sì che...l'ASPETTO esteriore di qualcosa o di qualcuno è diventato molto più importante.
Ah, il titolo del graphic novel si deve alla Sala degli specchi della Hofburg, il castello in cui viveva Sissi. Si parla anche di lei qui.
Un saggio che stuzzica il cervello, piacevole e colmo di informazioni e spunti di riflessione, anche grazie ai diversi riferimenti bibliografici presenti.
Ringrazio la casa editrice Fandango per la copia cartacea.
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