Passa ai contenuti principali

Storia di una capinera - Giovanni Verga



Il verismo include, oltre ad uno strascico imperituro di verità sul mondo raccontato, come ci dice il sostantivo stesso, un'indelebile impronta di pessimismo. Pessimismo accompagnato, però, da un certo candore misto a stupore, una delicata rassegnazione. E quest' impronta la leggiamo eccome, nell'opera che ha forse consacrato Giovanni Verga al grande pubblico più delle altre, Storia di una capinera. Romanzo epistolare pubblicato per la prima volta nel 1870 tramite rivista, ci narra la storia di Maria, una giovane siciliana costretta a chiudersi in convento sin dalla tenera età di sette anni, perché la famiglia, lesa dalla povertà non ha dote in dono per lei, dunque non può sposarsi. Il testo ha avuto una storia editoriale non 'rettilinea' ma più arzigogolata. Verga ne ultimò la stesura nel 1869 e fu portato al grande pubblico grazie alla pubblicazione sul settimanale 'Il Corriere delle Dame'; in seguito in un piccolo volume con prefazione di Francesco Dall'Ongaro in forma di lettera alla contessa Caterina Percoto che ne fu entusiasta. La prima edizione da vero e proprio romanzo è stata l'edizione Treves del 1873 che ha visto diverse correzioni da parte dello stesso Verga. 

Romanzo di denuncia sociale, epistolare, romanzo morale e dolceamaro. Storia di una capinera ha in sé diverse peculiarità che ancora oggi fanno sì che se ne parli ancora in certi termini. Il romanzo si apre con la narrazione di un episodio riguardante una capinera chiusa in gabbia che ha subito le angherie di due bambini. 'Avevo visto una povera capinera chiusa in gabbia: era timida, triste, malaticcia; ci guardava con occhio spaventato...'. L'autore, allora, viene a conoscenza grazie alla madre di quei due bambini della 'storia di un'infelice di cui le mura del chiostro avevano imprigionato il corpo, e la superstizione e l'amore avevano torturato lo spirito...'.

Comincia così, la storia di Maria, e la conosciamo grazie ad una prima lettera indirizzata alla sua cara Marianna, novizia e sua confidente. Il colera imperversa a Catania e Maria, che nel frattempo trascorre le giornate a Monte Ilice, nelle sue confidenze, nonostante la triste storia di una chiusura forzata, racconta di quelle piccole meraviglie delle quali si sorprende lei stessa. Corre per i campi, raccoglie fiori, si sorprende ad osservare la campagna da quella casetta ai limiti del castagneto, che chiama 'lo scatolino'. Arrossisce, Maria, a pensare a quei rivoli di libertà che le sembrano troppo puerili a vent'anni. Arrossisce e pensa al ritorno in convento alla fine del colera, racconta quei 'peccatacci', come concedersi un ballo innocente con il giovane Nino, perché a un' educanda non sarebbe concesso. 

Ma se non ti narrassi tutto, sorella mia, se non mi sfogassi con te raccontandoti tutte queste cose, mi pare che esse mi opprimerebbero. Ho bisogno di parlartene a lungo, di rammentarne tutti i particolari, di parlarci sopra, di parlarne a me stessa, di vederle scritte sopra la carta, di sognarle...

Leggere queste pagine mi ha creato un'angoscia non indifferente. Maria è continuamente in bilico. Da una parte notiamo una giovane che quasi vuole persuadersi con fermezza che quella scelta, sebbene forzata, sia stata benefica. In una delle tante lettere scritte a Marianna asserirà di voler tornare in convento perché tutto le dà noia e turbamento. Iniziamo a notare, poi, un'insofferenza che pian piano si trasforma in sofferenza acuta, resa più nitida dal clamore con cui le lettere vengono scritte. Maria è una giovane donna innamorata di quell'uomo con cui un giorno ha danzato, e non può sfuggire al cuore che pian piano si spezza, nonostante sia un 'peccataccio'. 

L'amo! È un'orribile parola! è un peccato! è un delitto! ma è inutile dissimularlo a me stessa. Il peccato è più forte di me. Ho tentato sfuggirgli, esso mi ha abbrancato, mi tiene il ginocchio sul petto, mi calpesta la faccia nel fango. Tutto il mio essere è pieno di quell'uomo: la mia testa, il mio cuore, il mio sangue...

Un'altra sofferenza toccherà a Maria, quando Nino sposerà la sorellastra Giuditta. E allora Verga rende ancora più forte, impetuose, terribilmente angoscianti le pagine. Maria continua a soffrire inerme, esplode, lacrima, fino a cercare uno spiffero di luce dato da una possibile fuga nonostante i voti presi. E allora l'esplosione non potrà che lasciare un tragico epilogo, su questa storia. Il verismo dell'autore siciliano è emerso chiaramente, trascinandosi dietro un pessimismo che non lascia speranza. È proprio questo, Storia di una capinera; "Uno studio fisiologico e patologico di un cuore che si spezza". 

Commenti

Post popolari in questo blog

Cosa faresti se - Gabriele Romagnoli

Sono sempre stata affascinata dai meccanismi del tipo 'sliding doors' (chi ha guardato il film con Gwyneth Paltrow mi comprenderà ed afferrerà)...motivo per cui il titolo di Gabriele Romagnoli ha captato la mia attenzione, stuzzicato la mia curiosità, ammorbato la mia voglia di leggere storie del genere che no, non sono state colmate in toto, e vi spiego perché.  TRAMA   Cosa faresti se, nel tempo breve di una giornata o di un attimo, dovessi scegliere fra due alternative, ognuna critica, ognuna destinata a ridefinire l'idea di te stesso, a cambiare il destino tuo e altrui? Una scelta irresolubile eppure necessaria, come quella che si trovano costretti a prendere Laura e Raffaele, una coppia che desidera adottare un figlio e si ritrova a decidere in poche ore - una lunga, interminabile notte - se diventare genitori di una bambina gravemente malata. O come capita a Adriano, che un mattino si sveglia e scopre da un video sul cellulare che il figlio ha preso in prestito la sua

Abbandono - Elisabeth Åsbrink

Quello che Elisabeth  Åsbrink  ha scrit to rientra fra i romanzi familiari che per me rasentano la perfezione. Ciò perchè la scrittrice e giornalista svedese ci ha regalato un libro in cui le vicende familiari dei protagonisti sono incastonate alle vicende della Storia in un equilibrio mai precario, un intreccio esemplare frutto di due anni di ricerche appassionate e collaborazioni con studiosi e ricercatori. La scrittrice è diventata nota per la grande capacità di fondere penna narrativa e penna documentaristica con minuzia, e in 'Abbandono', tradotto dallo svedese per Iperborea da Alessandra Scali, questa capacità è emersa con fermezza. Substrato fondamentale del romanzo, la stessa storia della scrittrice, nata a Stoccolma da padre ebreo superstite della Shoah e madre inglese. Le sue vicende famigliari sono state toccate da ciò che leggiamo in Abbandono.  Per capire la mia solitudine avevo bisogno di capire quella quella di mia madre. E per capire lei dovevo prima capire mia

Come ho vinto il Nobel - Julius Taranto

C'è una nuova voce nel panorama letterario americano; una voce che ha contezza di ciò che vuole raccontare e che sa raccontarlo con acume privo di retorica e senza risultare troppo scontata, la voce di Julius Taranto. Atlantide l'ha portata in Italia pubblicando 'Come ho vinto il Nobel' nella splendida traduzione di Ilaria Oddenino, regalandoci un romanzo al tritolo pregno di citazioni, humour e riflessioni pungenti. Scrivo di contezza perché la materia narrativa affrontata da Taranto non è la solita alla quale siamo abituati, e dovendo affrontare tematiche attuali ed impattanti, sarebbe stato labile il confine con i cliché.  La mia materia di studio era il modello teorico Zhou-Einstadt-Smoot. Dopo l'università avevo declinato lucrose offerte da parte di Google e J.P. Morgan a favore di un faticoso dottorato sotto la supervisione di Smoot in persona. Newton e Leibniz avevano simultaneamente inventato il calcolo infinitesimale...Le previsioni della loro teoria erano