Si chiama Rewilding, il processo di rinaturalizzazione spontaneo di aree abbandonate del pianeta. La natura selvaggia, maestosa, avvolgente, riprende i propri passi con impeto deciso e (ri)fa suo ciò che è stato precedentemente distrutto, o preso con egoismo, dall'azione punitiva di un'umanità degradante. Lo fa con clamore mentre i rappresentanti di questa umanità che, imperterrita, continua a non badare ai presupposti per una estinzione di massa, abbandonano gli stessi palcoscenici con diversi passi indietro. Ed ecco che nascono le 'Isole dell'abbandono" del titolo di questo saggio straordinario, pubblicato in Italia da Atlantide e reso nella traduzione precisa e fluida di Ilaria Oddenino un testo ancora più coinvolgente. L'ho inserito nella rubrica #Libroselvatico di questo mese.
Cal Flyn è un'autrice scozzese, i cui meriti sono anche correlati alle testate giornalistiche su cui scrive, tra cui il 'Sunday Times Magazine'. Isole dell'abbandono ha vinto il Sunday Times Young Writer Award e ha fatto di Cal Flyn una penna certa nel panorama della saggistica contemporanea. L'autrice si è recata in questi posti ricalcati da quel processo che è il Rewilding, partendo proprio dalla terra natia, la Scozia, e procedendo, in questa tracciatura, nei luoghi più devastati e abbandonati di madre Terra. Luoghi frammentati e polverizzati dalla decadenza del rapporto uomo-Pianeta e dall'illusione reiterata di possedere un potere incommensurabile fornito dal progresso.
Fermi tutti, questo non è soltanto un saggio. Chiamiamolo saggio romanzato, reportage, inchiesta narrativa. Ma no, non chiamiamolo soltanto saggio. Cal Flyn ha viaggiato per due anni lungo questo posti teatro di degrado e di rinvigorimento. Ha osservato con occhi propri le impronte della natura che lasciano nuovamente segni là dove avremmo asserito essere impossibile una rinascita; posti danneggiati da collassi economici, radiazioni, disastri nucleari, sversamenti di petrolio, bombe, disastri di qualsiasi genere. Ha fotografato, annotato e vissuto quell'incedere costante della natura che si riprende tutto dove tutto è stato depredato.
'Vi racconterò le storie di dodici luoghi sparsi per il mondo, ognuno dei quali incarna un diverso aspetto del processo di abbandono e di riconquista da parte della natura. Tutti questi luoghi, diversissimi per clima, cultura e storia, presentano le loro specifiche varietà di malinconia e speranza: osservandoli, impariamo che ogni posto, per quanto devastato, può trovare un modo tutto suo di riprendersi, ma anche che l'impatto dell'uomo può lasciare un'ombra lunga che perdura per anni, decenni, secoli, dopo che questi siti sono caduti in disuso'.
Redenzione e riconquista. Successioni ecologiche che si plasmano e giocano a ping pong, il fiore che spunta dal cemento, l'embrione formato in un blastodisco di polvere e scorie. La vita fra le rovine e l'incuria più asettica di sempre. A proposito di rovine; Henry James, ci spiega l'autrice, aveva una certa passione per le rovine, delle quali diceva essere un "insensibile passatempo". Esistono città che hanno visto coibentare i propri margini in quel fenomeno che chiamiamo 'Pornografia delle rovine'. Si trova in Michigan, negli Stati Uniti, e da settant'anni è martellata incessantemente da un lento degrado come fosse un pezzo di carne in decomposizione. Case, edifici, strade solcate dal marcire costante che le fa cadere a pezzi, tegole che 'scivolano via come glassa', mattonelle che formano laghi di cumuli che arrivano sino alle ginocchia, scene così cupe che sembrano quasi scene di un film. Al piano inferiore di un edificio è ancora presente una lavagna che riporta un gesso una data, il 1983, ed una scritta: 'Impostate sempre i margini, prima di cominciare'. Si parla di un fenomeno chiamato Blight, ci spiega Flyn; evocazione poetica della decomposizione che affligge case e strade. Come mai tutto ciò a Detroit? Fra i motivi di ascesa e collasso, ondate di ritorni ed abbandoni dovuti ad ulteriori collassi dell'ascesa produttiva nel settore produttivo automobilistico.
'La si sente nell'aria: la traccia emotiva di epifanie passate, crisi di fede, funerali, battesimi, comunioni, cresime. Gli spartiti che facevano da colonna sonora a tutto questo sono volati a terra, dove ora si raccolgono come foglie in piccoli mucchi umidi. '
Se ho scritto che questo è un saggio straordinario ho i miei buoni motivi. Fra questi l'assoluta capacità di rendere una narrazione d'inchiesta colma di dati alla mano anche estremamente poetica, in un equilibrio che non è mai claudicante, ma sempre misurato e diluito alla perfezione. Ce ne accorgiamo dalla prima pagina (la prima sul serio, non in senso metaforico). Qui calpestiamo le carcasse di conigli e gabbiani che, in un edificio sulle Isole del Forth, nella stessa Scozia natia dell'autrice, sono rimasti in trappola nella foga di una probabile fuga. E ancora, l'inverno nucleare di Chernobyl, la fauna bentonica dell'Arthur Kill che cerca nutrimento nella melma che intrappola veleni sepolti, gli ossari del forte di Douaumont, i trapianti di colture del più grande erbario africano, Amani, fondato nel 1902. Scenari incredibilmente tetri, che danno vita ad un microcosmo immaginifico dalle sfumature weird. Cal Flyn, però, è stata chiara e ci ricorda nell'ultimo capitolo che questo incredibile viaggio vuole sottintendere una fede rigogliosa nell'ambientalismo, essendo esso stesso 'una questione di fede'. Non fede religiosa, ma inculcata sulla redenzione e sul cambiamento.
'Ma le isole dell'abbandono di questo libro servono a ricordarci che, al di là dei grandi progetti di salvaguardia strutturati, anche il parcheggio abbandonato e malandato in fondo alla strada può generare un ritorno allo stato naturale. Pensate a ciascuna di esse, e tutte quelle simili a loro, come a minuscole isolette in un arcipelago che abbraccia il mondo intero. Trampolini di lancio da cui le specie prendono la rincorsa per ricolonizzare la terra perduta.'
A cura di Emanuela Perrone
Ringrazio Beatrice La Tella dell'Ufficio stampa Atlantide per aver messo nelle mie mani la recensione di questo splendido volume.
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