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La ragazza invisibile - Lisa Jewell


Non sono solita leggere thriller tradizionali. Non si tratta di un genere che mi appassiona come i noir veri e propri o i true crime. Lisa Jewell però, mi ha incuriosita con il suo ultimo romanzo, La ragazza invisibile, un thriller psicologico recentemente pubblicato in Italia da Neri Pozza. Avevo già colto nella sinossi quelle sfumature di thriller psicologico che ero sicura sarei stata in grado di apprezzare. Non mi sbagliavo molto, questo romanzo mi è piaciuto e mi ha appassionato proprio nel momento in cui credevo sarei andata avanti priva di entusiasmo, anche se vi ho trovato dei punti che hanno 'spezzettato' la lettura ed hanno indebolito il giudizio su quelli che invece sono stati i temi trattati. 

Immaginate di essere un giovane docente che vive in un quartiere benestante come quello di Hampstead, Londra. Immaginate la vostra vita che scorre indisturbata, in quella quiete monotona di un docente discreto che vive con una vecchia zia. Immaginate poi, di essere accusato di molestie sessuali, di essere continuamente sbattuti in prima pagina con una vostra brutta fotografia, la prigione e la vita capovolta dall'oggi al domani. Quel docente è Owen Pick. Owen vive in un appartamento di fronte ai Fours e questo centra con Saffyre Maddox, La ragazza invisibile del titolo. Saffyre ha diciassette anni ed è una ragazza che soffre, soffre tanto, infatti si dà all'autolesionismo e lo zio Aaron con cui vive ha infatti deciso tempo addietro che le sarebbe stata indispensabile un percorso di terapia. Saffyre ha perso tutti, resta suo zio. Saffyre per tre anni, fino ai diciassette, è stata presa in cura da Roan Fours, lo stesso che abita con la famiglia nel condominio di fronte ad Owen Pick. I tre anni non sono bastati però, perché nel momento in cui Roan decide che la terapia è finita quella ragazza che si spezza si sente nuovamente abbandonata. 

Queste vite, questi personaggi, cominciano ad incastrarsi in mezzo alle luci e alle strade alberate di quei quartieri bene. L'eleganza delle ville recintate stride con il grigiore del cielo e di ciò che inizia a verificarsi. Perché lì, in quartieri esclusivi con strade che sembrano spesso vuote iniziano a verificarsi casi di aggressione sessuale non così di rado. E così cominciano a venire a galla le prime supposizioni, le prime lance fiammanti del pregiudizio vengono lanciate. Su chi? Su quello stesso docente accusato di molestie a scuola e prontamente sospeso, Owen Pick. A ben pensarci è proprio strano quel giovane uomo che vive ancora con la zia a trentatré anni, no? È strano un tipo che non fa vita sociale, non ha una donna, vive in quel condominio malridotto in mezzo a tante case molto più eleganti. La lancia del pregiudizio viene lanciata a mano ferma su Owen, che rabbioso comincia a frequentare forum in cui trovare risposte; lì magari si sentirà più compreso. E così si imbatte in YourLoss e nel mondo degli incel, i celibi involontari. La rete si fa curativa e comprensiva, in quest'uomo accusato ingiustamente. Nel frattempo Saffyre scompare e su chi ricade la colpa? Si, sempre su Owen Pick. 

Il pregiudizio e la visione completamente distorta della realtà. Lisa Jewell ha voluto fare perno su questo; ho avuto l'impressione che volesse farci comprendere, attraverso queste vicende, quanto la distorsione di un pensiero assolutamente personale e riverberato sulla realtà collettiva possa risultare tragicamente inadeguato e dilaniare un'esistenza. I traumi taciuti in età non ancora matura trovano poi voce, nonostante la strada sbarrata per l'illusione di far finta di non averli mai vissuti, in un sistema di gesti portati a distruggersi. È questo che accade a Saffyre, che si taglia per un trauma vissuto e mai portato a luce, se non dopo con un personaggio di cui non vi svelo il nome. 

Avevo dodici anni e mezzo la prima volta che sono stata da Roan Fours. A quel punto mi tagliavo da più di due anni. Avevo appena cominciato l'ottavo anno di scuola. A quell'età, fra i dodici e i tredici anni, i maschi cominciavano a essere un problema per me. Ero stufa di sentirmi osservata, dal modo in cui mi guardavano, delle cose che pensavano e dicevano su di me: avendo passato gran parte dell'infanzia a giocare con i maschi, sapevo benissimo che genere di discorsi facevano tra loro.

E poi l'ipocrisia velata da finto perbenismo. La stessa che anima le vite di una famiglia bene di Roan Fours. La cecità di una moglie che fa finta di non vedere e due figli che assorbono. E non solo, l'ipocrisia del giudizio imposto da una volontà comune che vuol vedere una sola verità perché 'si sa che è così'. In questo caso parlo di ciò che accade quotidianamente in ambito molestie, vittime e carnefici. Qui abbiamo un docente la cui parola viene considerata falsa, contro la parola di due studentesse minorenni che hanno ragione a prescindere. Leggendo ciò ho pensato che l'autrice volesse parlarci di ciò che stiamo vivendo oggi. (Ricordate in caso mediatico di quell'attore famoso e della giovane moglie? Vabbè, non c'è bisogno che scriva il nome, sappiamo). E con l'ipocrisia una critica velata al continuo bisogno di voler apparire. Critica rabbiosa, nelle parole di YourLoss. Parole che non ho apprezzato e hanno reso a pieno il quadro di un personaggio spregevole ed arrabbiato col mondo. Un personaggio che in realtà conosceremo soltanto dalle parole di Owen. Chi è davvero YourLoss? Lo scoprirete negli ultimi capitoli.  

Ma tutti adesso vedranno la mia faccia e quando mi rilascerete, non fregherà a nessuno che io sia innocente, si ricorderanno solo la mia faccia. 

Quanto è vero tutto ciò? Quante volte noi stessi continuiamo a cadere nei tranelli dei mass media?

Ciò che mi ha convinto meno è stato come le pagine si sono susseguite. Da un thriller mi sarei aspettata più tensione, ma ho trovato il tutto abbastanza contenuto, 'ovattato', molto più diramato su sequenze di riflessione psicologica, anche nelle descrizioni dei fatti. E tutte quelle descrizioni in genere non credo fossero rilevanti ai fini della lettura. E mi riferisco in particolare alle descrizioni di abbigliamento, cibo e quant'altro. Non credo serva sapere come sono fatte delle sneakers e il colore di capelli di un personaggio in dati frangenti. Personaggi comunque ben caratterizzati anche perché i capitoli, brevi, si alternano dando voce agli stessi, in prima o terza persona. Tutto sommato mi è piaciuto e lo consiglio a chi ama il genere, tenendo presenti i punti di perplessità su cui mi sono soffermata.

Ringrazio la casa editrice Neri Pozza per la copia.

Traduzione di Annamaria Biavasco e Valentina Guani  

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