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Raccontami di un giorno perfetto - Jennifer Niven


'Bestseller acclamato dai lettori di tutto il mondo', 'Vincitore del premio Mare di libri 2016', 'Recensioni a più di quattro stelle su Goodreads'...e tanto altro. Allora, partiamo dal fatto che non sempre mi fido degli strilli, delle diciture in copertina e delle recensioni unanimi volte ad elogiare in toto un libro (ci può stare, che un libro sia perfetto, ma quando le recensioni sono tutte simili fra loro allora qualcosa non quadra). Quelle recensioni entusiaste, però, unite al fatto che il titolo della Niven tratta una tematica difficile quale quella della depressione giovanile, mi hanno spinta a leggerlo. Non dico che sia un libro illeggibile, ma vi ho trovato tantissimi punti che mi hanno lasciata perplessa. 

Theodor Finch è un adolescente afflitto da quel male oscuro che è la depressione giovanile, e soffre di disturbo borderline della personalità. Il romanzo si apre con la scena dello stesso che decide di salire sulla torre campanaria della scuola che frequenta, in preda alle riflessioni che è solito fare, tra le quali: 'Oggi è un buon giorno per morire?'. È la domanda che si pone ogni giorno, questo ragazzo vessato dalla maggior parte dei suoi coetanei, che lo chiamano 'Theodor lo schizzato', soffermandosi sulle apparenze. Quella stessa mattina Theodor ritrova sulla stessa torre campanaria Violet Markey. Violet bella e popolare, Violet che tutto possiede...o quasi. Perché questa ragazza all'apparenza perfetta si porta un dolore sul cuore, da quando la sorella Eleanor ha perso la vita in un incidente, si porta sottopelle un senso di colpa duro a morire, perché quel maledetto giorno aveva proposto la stessa Violet una deviazione stradale. Violet e Theodor s'incontrano nel dolore per poi imparare ad amarsi e a salvarsi a vicenda, forse. 

Primo punto che mi ha fatto storcere il naso. Gli psicologi della scuola, personaggi oserei scrivere inetti e che non dovrebbero svolgere questa professione. C'è questo psicologo, il signor Embry, che più che aiutare il ragazzo si preoccupa del proprio tornaconto personale. C'è un punto del romanzo in cui dice a Theodor che non dovrebbe buttarsi di sotto perché altrimenti gli spetterebbe una citazione in giudizio e con quello che lo pagano non potrebbe permettersi una causa legale. Cosa? Ho letto davvero una roba del genere? Forse l'autrice ha voluto riportare ciò per far comprendere quanto chi svolge malamente la propria professione, soprattutto nel campo della salute mentale, causino conseguenze malevole sulla salute di chi necessita di questo servizio. Va bene, però troppo...

I dialoghi. Comprendo benissimo che questo libro è rivolto soprattutto ad un pubblico giovanile, però esistono libri per ragazzi e ragazze non così banali, voglio dire, (Esempio eclatante, i libri di Davide Morosinotto, che legge e ama anche la sottoscritta). 

Situazioni che mi sono sembrate inverosimili. Nella scuola che frequentano Violet e Theodore si pubblica il giornalino della scuola (e fin qui tutto normale, ricordo ancora con affetto quello del mio Liceo al quale tra l'altro ho contribuito spesso)...peccato che questo giornalino sia presentato alla stregua di un magazine di gossip. In seguito all'incontro dei due giovani sulla torre campanaria viene pubblicato un articolo in cui Violet è dipinta come un'eroina, perché ha salvato il compagno. E vogliamo parlare della classifica dei più esposti al suicidio della scuola?

Parliamo però dei punti che ho apprezzato e che, devo dire, mi hanno anche fatto commuovere un pochino. Theodor ad un certo punto organizza con Violet le cosiddette 'Peregrinazioni' nelle quali non ci sono regole, se non il divieto dell'uso del GPS per visitare posti e quella di lasciare in ogni posto un segno del proprio passaggio. Questo punto mi è sembrato un inno al 'vivi ogni giorno come viene', che cerca di scarnificare quella tristezza imperitura derivante da quel mostro che è la depressione. Ogni capitolo è organizzato secondo i due punti di vista di  Violet e Theodor che parlano in prima persona. Nonostante il linguaggio talvolta banale mi sono messa nella pelle dei protagonisti. L'autrice in questo è stata brava, nel farci comprendere quanto sia dissacrante il giudizio altrui basato sulle apparenze. Theodor viene continuamente giudicato ed etichettato da aggettivi basati sul suo modo di vestire e di comportarsi.

Voglio sottrarmi a tutte le etichette: Sono un ossessivo compulsivo. Sono depressa. Sono un'autolesionista. Questo ripetono, come se ce l'avessero scritto su un cartellino.

Violet fatica a far comprendere ai suoi stessi genitori il senso di colpa che la divora ogni giorno. Eppure l'amore può salvare e farti ricominciare. Theodor nonostante le sue turbe permette a Violet di ricominciare a guidare dopo l'incidente e nessuno l'aveva mai aiutata in ciò. Verso la fine del romanzo ammetto di essermi commossa, quindi in questo la Niven ha fatto centro. 

Sei un sopravvissuto: questo significa che la tua sopravvivenza - la sopravvivenza emotiva - dipenderà dalla tua capacità di affrontare e superare la tragedia che hai vissuto. La cattiva notizia: sopravvivere sarà la seconda esperienza tremenda della tua vita. La buona notizia: il peggio è già successo.

Il tema del senso di colpa l'ho apprezzato particolarmente. Lo stesso non permette di ammortizzare un dolore, una perdita, e mette incudini sulla possibilità di elaborarlo, quel dolore. 

Questo libro si fa leggere, ma ha molti difetti che non avrei voluto trovare in un titolo così acclamato. L'edizione tascabile inoltre, mi ha fatto perdere diverse diottrie a causa del font microbo, come lo chiamo io. 


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